"Il metodo Catalanotti" di Andrea Camilleri: un copione collaudato con un Montalbano in crisi di mezza età
By TBS • The Book Seeker - 9.10.18
Quando finisci di leggere un romanzo di Andrea Camilleri che però non ti ha entusiasmato più di tanto, ti senti parecchio in imbarazzo nel momento in cui devi scrivere una recensione, tanto che quasi ti fai tentare dall'idea di non scriverla proprio. Un po' perché Camilleri ormai appartiene di diritto a quel gruppo di mostri sacri che si ha un po' timore di "criticare", un po' perché, diciamoci la verità, a Camilleri, 93 anni compiuti il 6 settembre scorso, proprio non si può non voler bene.
Entrando nel dettaglio, il libro che non è riuscito a coinvolgermi è Il metodo Catalanotti, l'ultima indagine del commissario Salvo Montalbano, pubblicato dalla Sellerio a maggio 2018. O meglio: mi ha coinvolta in parte, e vi spiego perché.
Il caso che Montalbano si trova a dover affrontare in questo romanzo parte dal ritrovamento di un cadavere in un appartamento, al piano inferiore a quello in cui abita l'ennesima conquista di Augello.
Anzi, no. I cadaveri sono due, in due diversi appartamenti.
Ma sono davvero due?
È lo stesso cadavere?
Sì?
No?
Mistero.
In ogni caso, un cadavere appartiene senza ombra di dubbio a Carmelo Catalanotti, un personaggio decisamente affascinante e carismatico: appassionato di teatro fin quasi all'ossessione e, nel tempo libero... usuraio. Ma di quelli gentili ed altruisti, per carità, che non infieriscono più di tanto con il tasso d'interesse.
Catalanotti preferisce infierire in un altro campo: occupandosi di provini per una piccola compagnia teatrale di Vigàta, sottopone gli aspiranti attori a prove ai limiti della resistenza umana, da un punto di vista sia fisico che mentale, spingendoli a vivere esperienze che definire impegnative è eufemistico. Roba che il metodo Stanislavskij, a confronto, è un bicchiere d'acqua fresca.
Pur essendo, quindi, così intrigante la personalità della vittima, l'indagine non è riuscita a coinvolgermi più di tanto, e non l'ho trovata allo stesso livello di altre, molto più avvincenti. In più, alla fin fine il copione delle indagini di Montalbano è ormai sempre più o meno lo stesso: i sotterfugi ai limiti della legge per dare una spintarella al testimone che non testimonia, le gaffe di Catarella, Augello incorreggibile fimminaro, Fazio che batte sempre sul tempo il commissario nel procurarsi le informazioni...
Più che noioso, però, (non mi permetterei mai), per il lettore risulta tutto piuttosto rassicurante e consolatorio, sapendo già da principio di ritrovare in questi romanzi sempre gli stessi elementi. Quasi come se fossero delle fiabe per bambini un po' troppo cresciuti.
Comunque, se sul piano della narrazione verticale Il metodo Catalanotti non colpisce, su quello della narrazione orizzontale riacquista punti: troviamo infatti Salvo Montalbano alle prese nientepopodimeno che con una sorta di crisi di mezz'età/adolescenza di ritorno (per motivi che qui - ovviamente - non vi svelo), che lo porterà a rendersi decisamente ridicolo ai limiti del patetico nel tentativo di "svecchiare" un po' la sua immagine e valorizzare la sua silhouette... appesantita.
Ad ogni modo, Montalbano o no, indagini loffie o no, un romanzo di Camilleri è sempre un bel leggere, anche perché non credo mi stancherò mai di godermi il dialetto siciliano (ADORO).
E perché, soprattutto nel caso delle storie ambientate a Vigàta, mi sorprende sempre tanto come tutto sembri svolgersi per la maggior parte del tempo in un luogo racchiuso in una sorta di bolla, senza contatti con la realtà esterna, salvo poi dovermi puntualmente ricredere nel momento in cui l'autore infila a tradimento qualche frecciatina sull'odierna situazione socio-politica italiana.
Voto
Scheda libro
Sellerio • 31 maggio 2018 • brossura • 293 pagine • € 14.00 • amazon.it
"Il commissario Montalbano crede di muoversi dentro una storia. Si accorge di essere finito in una storia diversa. E si ritrova alla fine in un altro romanzo, ingegnosamente apparentato con le storie dentro le quali si è trovato prima a peregrinare. È un gioco di specchi che si rifrange sulla trama di un giallo, improbabile in apparenza e invece esatto: poco incline ad accomodarsi nella gabbia del genere, dati i diversi e collaborativi gradi di responsabilità, di chi muore e di chi uccide, in una situazione imponderabile e squisitamente ironica. Tutto accade in una Vigàta, che non è risparmiata dai drammi familiari della disoccupazione; e dalle violenze domestiche. La passione civile avvampa di sdegno il commissario, che ricorre a una «farfantaria» per togliere dai guai una giovane coppia di disoccupati colpevoli solo di voler metter su una famiglia. Per quanto impegnato in più fronti, Montalbano tiene tutto sotto controllo. Le indagini lo portano a occuparsi dell'attività esaltante di una compagnia di teatro amatoriale che, fra i componenti del direttorio, annovera Carmelo Catalanotti: figura complessa, e segreta, di artista e di usuraio insieme; e in quanto regista, sperimentatore di un metodo di recitazione traumatico, fondato non sulla mimèsi delle azioni sceniche, ma sull'identificazione delle passioni più oscure degli attori con il similvero della recita. Catalanotti ha una sua cultura teatrale aggiornata sulle avanguardie del Novecento. È convinto del primato del testo. E della necessità di lavorare sull'attore, indotto a confrontarsi con le sue verità più profonde ed estreme. Il romanzo intreccia racconto e passione teatrale. Nel corso delle indagini, Montalbano ha la rivelazione di un amore improvviso, che gli scatena una dolcezza irrequieta di vita: un recupero di giovinezza negli anni tardi. Livia è lontana, assente. Sulla bella malinconia del commissario si chiude questo possente romanzo dedicato alla passione per il teatro (che è quella stessa dell'autore) e alla passione amorosa. Un romanzo, tecnicamente suggestivo, che una relazione dirompente racconta in modo da farle raggiungere il più alto grado di combustione nei versi di una personale antologia di poeti; e, all'interno della sua storia, traspone i racconti dei personaggi in colonne visive messe in moviola perché il commissario possa farle scorrere e rallentare a suo piacimento." (Salvatore Silvano Nigro)
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