Eleanor, la superstite antipatica. Recensione di "Eleanor Oliphant sta benissimo" di Gail Honeyman

By - 24.10.18
Mi aspettavo molto, da questo libro.
Mi aspettavo che Eleanor Oliphant sta benissimo mi strappasse il cuore dal petto per masticarlo, ciancicarlo e rimettermelo a posto ridotto in poltiglia, che mi attorcigliasse e annodasse tutte le budella, che mi costringesse a interrompere la lettura una pagina sì e l'altra pure per asciugarmi i fiumi di lacrime e soffiarmi rumorosamente il naso mentre attorno a me si sarebbero accumulate decine e decine di fazzoletti usati.

Per il semplice fatto che conosco bene la solitudine, quella che ti modifica permanentemente l'umore e ti fa perdere l'interesse verso qualsiasi cosa. So perfettamente cosa si prova a passare mesi senza uscire il fine settimana, a non avere qualcuno che ascolti le tue confidenze o che semplicemente passi del tempo con te perché davvero gli interessa, a vedere tutte le proposte o gli inviti cadere nel nulla nell'indifferenza di chi non ti degna nemmeno di una risposta, mostrando di avere la sensibilità e l'empatia di un blocco di tufo.

(Ma EHI!, niente vittimismi, niente lamentele, né tentativi di deprimervi o di fare l'attention whore: solo i fatti, per introdurre la recensione!)

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Mi aspettavo comunque molto, ripeto, dal romanzo d'esordio di Gail Honeyman, che indubbiamente è stato in grado di trattare temi pesantucci partendo da solitudine, pregiudizio, (auto)emarginazione arrivando poi a mostrare quanto vitale sia il volersi bene e l'aprirsi al mondo, se non fosse per un piccolo, minuscolo, infinitesimale dettaglio: Eleanor Oliphant è insopportabile.

Ok, ok, è chiaramente ostaggio di un trauma mai elaborato e di emozioni che richiedono tutto il suo impegno e le sue energie per essere silenziate in modo da non esserne sopraffatta. È e rimane, nonostante tutto, in balia di una persona chiaramente disturbata, che sadicamente gode nell'umiliarla e nel causarle dolore. Misantropa per puro spirito di autoconservazione, vive la sua routine fatta di lavoro e weekend alcolici per inerzia, per evitare di soffermarsi a pensare troppo.
Avevo creduto di risolvere il problema di me stessa con tanta facilità, come se potessi davvero aggiustare le cose fatte nei tanti anni precedenti. Sapevo che la gente non avrebbe dovuto vivere come facevo io: lavoro, vodka, sonno, un ciclo costante e statico in cui ruotavo su me stessa, dentro me stessa, silenziosa e sola. Senza andare da nessuna parte. In un certo senso, mi rendevo conto che era sbagliato. Avevo sollevato la testa quel tanto che bastava per vederlo e, bramosa di cambiare, avevo afferrato un filo di paglia a caso, mi ero lasciata trascinare, immaginando una specie di... futuro.
L'autrice centellina le informazioni su di lei, facendocela scoprire poco a poco disseminando riferimenti al suo passato di dolore e di abusi qua e là per tutto il romanzo e, quando si incappa in un nuovo dettaglio, a bruciapelo, è come una stilettata.

Ma, nonostante ciò, la protagonista non è riuscita a non risultarmi antipatica. È permalosa, snob, pedante, saccente, noiosa, incapace e goffa nei rapporti sociali, talmente analitica e razionale da sembrare quasi robotica, prende tutto alla lettera, si esprime con un linguaggio obsoleto da quasi un secolo, ha atteggiamenti da cinquantenne moralista, bigotta e inacidita, non ha la minima cognizione del funzionamento della società del terzo millennio e delle convenzioni sociali. Sembra aver vissuto tutta la vita in una grotta, una sorta di incrocio fra Brendan Fraser in Sbucato dal passato, Ambra Angiolini in Ti ricordi di me? e Sheldon di The Big Bang Theory.

Personalità abbastanza complessa, non c'è dubbio.

Vero, Eleanor Oliphant sta benissimo è un libro che si fa leggere e riesce ad essere relativamente coinvolgente, ma l'evolversi degli eventi è molto prevedibile e poco... sostanzioso, per così dire. Non succede granché, ciò su cui il romanzo si concentra soprattutto è il percorso di elaborazione, il lavoro che Eleanor compie su se stessa, per poter cambiare il suo mondo interiore e poter così interagire più serenamente e facilmente con quello esteriore.

Voto

Scheda libro

Eleanor Oliphant sta benissimo Gail Honeyman Garzanti
Gail Honeyman • Eleanor Oliphant sta benissimo
Garzanti • 17 maggio 2018 • rilegato • 344 pagine • € 17.90 • amazon.it
Mi chiamo Eleanor Oliphant e sto bene, anzi: benissimo. Non bado agli altri. So che spesso mi fissano, sussurrano, girano la testa quando passo. Forse è perché io dico sempre quello che penso. Ma io sorrido, perché sto bene così. Ho quasi trent'anni e da nove lavoro nello stesso ufficio. In pausa pranzo faccio le parole crociate, la mia passione. Poi torno alla mia scrivania e mi prendo cura di Polly, la mia piantina: lei ha bisogno di me, e io non ho bisogno di nient'altro. Perché da sola sto bene. Solo il mercoledì mi inquieta, perché è il giorno in cui arriva la telefonata dalla prigione. Da mia madre. Dopo, quando chiudo la chiamata, mi accorgo di sfiorare la cicatrice che ho sul volto e ogni cosa mi sembra diversa. Ma non dura molto, perché io non lo permetto. E se me lo chiedete, infatti, io sto bene. Anzi, benissimo. O così credevo, fino a oggi. Perché oggi è successa una cosa nuova. Qualcuno mi ha rivolto un gesto gentile. Il primo della mia vita. E questo ha cambiato ogni cosa. D'improvviso, ho scoperto che il mondo segue delle regole che non conosco. Che gli altri non hanno le mie stesse paure, e non cercano a ogni istante di dimenticare il passato. Forse il «tutto» che credevo di avere è precisamente tutto ciò che mi manca. E forse è ora di imparare davvero a stare bene.

L'autrice

Gail Honeyman è nata e cresciuta in Scozia, ora vive a Glasgow, e fin dai tempi della scuola la scrittura per lei è stata non solo un’attitudine ma un sogno. Un sogno che ha custodito e coltivato per anni. Un sogno che è diventato un progetto a cui ha dedicato tutto il suo tempo: dalle pause pranzo alle notti di ispirazione. Quel progetto è Eleanor Oliphant sta benissimo, che oggi è un caso editoriale eccezionale, un bestseller venduto in 35 paesi.

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2 commenti

  1. L'inizio della recensione è la parte che mi è piaciuta di più. Come hai fatto comprendere che c'era da parte tua un ricordare delle esperienze passate ricollegandole al romanzo!

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